La Chiesa cattolica si presenta come una realtà complessa e articolata, unita da una fede comune e al contempo arricchita dalla diversità delle tradizioni liturgiche, teologiche e spirituali. Un esempio emblematico di questa ricchezza è rappresentato dalle Chiese orientali cattoliche, che apportano un contributo unico e significativo al corpo della Chiesa universale.
In occasione della presentazione del libro Eastern Catholic Theology in Action: Essays in Liturgy, Ecclesiology, and Ecumenism (Catholic University of America Press, 2024), primo volume della serie Eastern Catholic Studies and Texts, è stata messa in luce l’importanza della teologia orientale per tutta la Chiesa.
Questo incontro ha rappresentato un’opportunità per riflettere sul contributo delle Chiese orientali e sulle azioni necessarie per promuoverne la piena valorizzazione all’interno del panorama cattolico globale.
Perché la Chiesa cattolica possa esprimere pienamente la sua universalità, è essenziale includere l’esperienza e le prospettive delle Chiese cattoliche orientali.

Il reverendo Basilio Petrà, professore emerito di teologia morale alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, ha messo in evidenza un aspetto cruciale: le Chiese orientali sono state storicamente poco rappresentate nei documenti ufficiali della Chiesa, in particolare in quelli riguardanti le vocazioni. Questo fenomeno è stato evidente anche nei grandi eventi ecclesiali, come i sinodi sulla famiglia e sui giovani, nonostante le Chiese orientali siano pienamente integrate nella comunione cattolica.
Padre Petrà, che ha insegnato per quattro decenni all’Accademia Alfonsiana di Roma e che attualmente è professore di teologia morale orientale al Pontificio Istituto Orientale, ha osservato che la teologia e la pastorale della Chiesa continuano ad essere influenzate da una prospettiva latina, che spesso non tiene conto delle tradizioni orientali.
Un esempio che ha portato riguarda la concezione tradizionale delle vocazioni, la quale si limita a tre opzioni — matrimonio, vita consacrata e ministero ordinato — escludendo il sacerdozio uxorato, che è una caratteristica delle Chiese orientali. Questo, ha spiegato, riflette una “scarsa attenzione alla dignità dell’esperienza orientale e della teologia orientale”.
Tuttavia, negli ultimi anni, ha anche notato un cambiamento positivo, con una crescente consapevolezza dell’importanza di includere le specificità delle Chiese orientali. “Nei dicasteri della Curia Romana bisogna cominciare ad avere la presenza orientale, che in qualche modo aiuti a fare della Curia Romana una Curia cattolica e non semplicemente una Curia Romana, una Curia cattolica, cioè che è al servizio della Chiesa cattolica”, ha dichiarato.
Padre Petrà ha anche apprezzato un recente documento pubblicato al termine della seconda sessione del Sinodo sulla Sinodalità nell’ottobre 2024, che invita i dicasteri della Curia Romana a consultare le conferenze episcopali delle Chiese orientali prima di emettere documenti normativi rilevanti. Questo passo, ha affermato, rappresenta un “grandissimo passo avanti” verso una maggiore inclusività e rappresentanza delle Chiese orientali nel processo decisionale della Chiesa universale.
L’Arcivescovo Michel Jalakh, O.A.M., segretario del Dicastero per le Chiese Orientali, ha ulteriormente arricchito la discussione sul ruolo delle Chiese orientali, mettendo in evidenza come, nei documenti della Chiesa considerati universali, si faccia riferimento principalmente alla legislazione, alla terminologia e alle devozioni della Chiesa latina, senza dare adeguato spazio alla ricchezza teologica e pastorale delle tradizioni orientali.

L’Arcivescovo Jalakh ha anche messo in discussione alcuni stereotipi che tendono a ridurre il ruolo delle Chiese orientali all’interno della Chiesa universale. Ha invece ribadito che esse esistono “per partecipare pienamente alla vita e alla teologia della Chiesa universale”. Con queste parole ha sottolineato la necessità di una maggiore inclusione delle Chiese orientali nei processi decisionali e teologici, affinché la cattolicità della Chiesa rifletta davvero la ricchezza e la pluralità delle tradizioni che la compongono.
Il reverendo Alex Laschuk, canonista e direttore del Metropolitan Sheptytsky Institute for Eastern Christian Studies a Toronto, ha evidenziato un altro tema cruciale durante l’incontro: il rischio di estinzione delle Chiese cattoliche orientali, in particolare a causa dell’emigrazione dei fedeli dalle loro terre d’origine verso l’Occidente. Molti cattolici orientali continuano a fuggire dai conflitti nelle loro terre natali per cercare rifugio in Europa occidentale e Nord America, dove, una volta arrivati, tendono ad integrarsi nella Chiesa cattolica romana maggioritaria.

Padre Laschuk, autore anche di uno dei capitoli del volume, ha presentato dati allarmanti provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada. Negli ultimi decenni, infatti, numerose eparchie orientali hanno subito “implosioni” drastiche, con alcune che hanno visto una riduzione di oltre il 95% dei loro membri.
Ha inoltre sottolineato che, nonostante il supporto materiale fornito dalla Chiesa latina, il vero accompagnamento spirituale e pastorale delle comunità orientali non può essere garantito se i fedeli sono sotto la giurisdizione di vescovi latini che non sono in grado di custodire e promuovere le tradizioni liturgiche e spirituali orientali. Padre Laschuk ha poi aggiunto: “Se non riusciamo a preservare queste Chiese [orientali] in Occidente, significherà la fine [di alcune] Chiese [sui iuris]. Perché in Iraq, in Siria o nei luoghi da cui provengono non è rimasto più nessuno, dato che sono venuti tutti qui”.
Padre Andrew Summerson, coeditore del libro e professore di patristica presso lo Sheptytsky Institute, ha sottolineato che questo volume raccoglie una “varietà di voci cattoliche orientali”, concentrandosi sull’esperienza concreta della teologia storica liturgica e della tradizione. Il diacono Daniel Galadza, professore presso il Pontificio Istituto Orientale e membro della Commissione Liturgica Speciale del Dicastero per le Chiese Orientali, ha definito questo nuovo approccio “un cambiamento rinfrescante”, che consente di dare valore alla dimensione teologica vivente delle Chiese orientali, andando oltre le tradizionali discussioni su cultura e politica ecclesiastica.
Questo incontro ha offerto un’importante occasione di riflessione sull’importanza della teologia orientale cattolica. Le Chiese orientali, con la loro spiritualità e teologia, sono un dono prezioso per l’intera Chiesa universale. Il loro contributo arricchisce non solo la comprensione della fede cristiana, ma offre anche nuove prospettive per affrontare le sfide spirituali e culturali contemporanee.
Come associazione legata alla tradizione orientale, la CNEWA ha il mandato di promuovere la conoscenza per queste tradizioni, sostenendole nel loro rinnovamento e nella loro crescita. Il nostro desiderio è garantire che le voci delle Chiese orientali continuino a essere ascoltate e che i loro contributi alla Chiesa siano riconosciuti, affinché la Chiesa universale possa essere arricchita dalla bellezza della diversità che la caratterizza.
La presentazione del libro a Roma è stata patrocinata dal Metropolitan Andrey Sheptytsky Institute, dal Pontificio Istituto Orientale e dalla CNEWA. Per guardare la registrazione della diretta clicca qui.