I Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme hanno dichiarato: “Gioiamo per la recente entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza e per il rilascio dei prigionieri”. Hanno definito questo momento “propizio”, sottolineando che “il lavoro di costruzione della pace è solo all’inizio”.
Hanno riconosciuto “gli enormi sforzi compiuti da tutti coloro che, nella comunità internazionale, hanno lavorato instancabilmente per raggiungere questo importante risultato”. In una dichiarazione congiunta del 14 ottobre, hanno aggiunto: “Speriamo e confidiamo che questa prima fase del cessate il fuoco segni davvero la fine della guerra di Gaza e che eventuali ulteriori disaccordi tra le parti saranno risolti attraverso negoziati e mediazioni, con la massima moderazione, piuttosto che con la ripresa delle ostilità”.
Dopo la firma dell’accordo il 13 ottobre in Egitto, alcuni commentatori hanno definito fragile la tregua in Medio Oriente. In quell’occasione, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato riguardo all’intesa tra Israele e Hamas: “La fase due è iniziata”.

Israele ha ricevuto il 15 ottobre i resti di altri due ostaggi. Poche ore prima, l’esercito israeliano aveva dichiarato che uno dei corpi consegnati in precedenza non apparteneva a un ostaggio. Lo ha riferito l’Associated Press.
Nell’ambito dell’accordo, Hamas ha consegnato il 14 ottobre i corpi di quattro ostaggi, dopo averne restituiti altri quattro il giorno precedente. Israele attende ancora il rimpatrio dei resti di 28 ostaggi.
Il Ministero della Sanità di Gaza ha comunicato che 90 corpi sono stati riportati a Gaza per la sepoltura. Gli esperti forensi che hanno esaminato i resti hanno rilevato segni di maltrattamenti, secondo quanto riferito dall’AP.
I patriarchi hanno poi sottolineato che “la nostra regione nel suo complesso ha sofferto abbastanza a lungo”. “È chiaramente giunto il momento di intraprendere il lunghissimo percorso di guarigione e riconciliazione di cui palestinesi e israeliani hanno così profondamente bisogno”, hanno affermato.
I capi delle Chiese hanno lodato “questa impressionante mobilitazione globale” culminata con il vertice di pace di Sharm el-Sheikh, auspicando che “si concretizzi presto in un’operazione umanitaria su larga scala” per i palestinesi di Gaza, ancora colpiti da “sfollamenti, morti, feriti, fame e perdita dei mezzi di sussistenza”.
Hanno ricordato l’urgenza di fornire “acqua potabile, carburante e forniture mediche”, insieme a “rifugi temporanei e strutture mediche”, prima di avviare “a ricostruzione massiccia delle case, delle attività commerciali e delle infrastrutture civili distrutte”.
I patriarchi e i capi delle Chiese hanno espresso anche preoccupazione per le continue violenze in Cisgiordania “in relazione all’espansione degli insediamenti”.

Hanno quindi chiesto “alle parti interessate e alla comunità internazionale nel suo complesso di ampliare la portata dei negoziati in corso per includere la fine dell’occupazione sia della Cisgiordania che di Gaza, portando alla creazione di uno Stato palestinese che conviva in pace con l’attuale Stato di Israele”.
“Solo in questo modo – hanno affermato – si potrà davvero instaurare una pace giusta e duratura in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente”.
I Patriarchi hanno rivolto parole di incoraggiamento alle comunità cristiane di Gaza — la parrocchia cattolica della Sacra Famiglia, la chiesa ortodossa di San Porfirio e quanti prestano servizio presso l’ospedale battista arabo Al-Ahli.
“La vostra perseveranza nella fede, nonostante le incommensurabili difficoltà degli ultimi due anni, è stata un esempio luminoso per tutti noi”, hanno affermato, assicurando preghiere e sostegno.
Hanno pregato Dio perché guidi la regione “verso quell’età dell’oro di pace tanto a lungo immaginata dai profeti e dai saggi dell’antichità”, e per la quale “il nostro Signore Gesù Cristo stesso ha dato la propria vita, risorgendo a nuova vita oltre la tomba”.