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La guerra alimenta la tratta di esseri umani

La guerra non è soltanto causa di emigrazione, ma alimenta anche la tratta di persone.

Il 30 luglio, le Nazioni Unite invitano il mondo a riflettere sulla tratta di esseri umani, una piaga che colpisce centinaia di migliaia di persone in ogni angolo del pianeta. In questa occasione, l’organizzazione rinnova il proprio impegno nella lotta contro quella che molti definiscono una moderna forma di schiavitù.

La ricorrenza si basa sul Global Report on Trafficking in Persons, pubblicato ogni anno dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC). L’ultimo rapporto contiene dati aggiornati sulla situazione nel 2024 e sulle iniziative per combattere il fenomeno. Senza entrare nei dettagli del rapporto (invito comunque a consultare il documento tramite il link indicato), ecco alcuni dei punti più significativi:

  • Il numero di vittime rilevate a livello globale è tornato a crescere dopo il calo registrato durante la pandemia da COVID-19.
  • I minori sono sempre più coinvolti, con dinamiche diverse tra bambini e bambine.
  • La tratta a scopo di sfruttamento lavorativo è in aumento, mentre la risposta della giustizia penale resta insufficiente.
  • Donne e ragazze continuano a rappresentare la maggioranza delle vittime nel mondo.
  • La maggior parte dei casi di tratta è gestita da organizzazioni criminali.
  • Le rotte internazionali si moltiplicano, e le vittime africane risultano trafficate verso il maggior numero di destinazioni.
Una donna saluta un neonato, mentre sullo sfondo Papa Francesco è seduto insieme ad alcune donne.
In questa immagine del 2016, una donna saluta un neonato, mentre Papa Francesco è seduto con alcune donne accolte dalla Comunità Giovanni XXIII a Roma, dopo essere state salvate dalla prostituzione e dalla tratta. (Foto di CNS/L’Osservatore Romano via Reuters)

I progressi nella lotta contro la tratta di esseri umani sono notoriamente lenti, e le aspettative restano, per usare un eufemismo, piuttosto modeste. Tuttavia, il rapporto del 2024 risulta più deludente del solito. Ci si interroga sulle possibili cause: cosa è cambiato, o sta cambiando, che potrebbe favorire la tratta o ostacolare gli sforzi per contrastarla?

Nel dibattito sull’emigrazione si parla spesso di “fattori di spinta”: condizioni sociali, politiche, economiche o ambientali che costringono le persone ad abbandonare il proprio Paese. Questi stessi fattori possono alimentare anche la tratta di esseri umani.

Il Medio Oriente, crocevia di tre continenti, vive guerre e conflitti da oltre 4.000 anni. Dopo i 100 milioni di morti tra il 1914 e il 1944, l’era nucleare e la nascita delle Nazioni Unite portarono a sessant’anni di relativa pace globale.

È difficile stabilire con precisione quando quella relativa stabilità abbia cominciato a sgretolarsi, ma i segnali di crisi sono emersi attorno all’inizio del nuovo millennio. Gli Stati Uniti e la Russia, le principali potenze mondiali, hanno progressivamente aggirato o ignorato l’articolo 2, comma 4 dello Statuto delle Nazioni Unite. Questo articolo impone a ogni Stato membro di “astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”. Da qui sono nati nuovi conflitti tra potenze, anche per procura, che hanno contribuito a una delle più vaste migrazioni degli ultimi secoli.

Oggi, i conflitti in Medio Oriente hanno raggiunto livelli di violenza senza precedenti. L’attacco lanciato da Hamas contro Israele nell’ottobre 2023 ha innescato una guerra che molti definiscono genocida, con oltre 50.000 civili palestinesi uccisi. Le Forze di Difesa Israeliane hanno colpito, in modo intermittente, Libano, Siria, Yemen e Iran — talvolta per rispondere ad attacchi, spesso con il sostegno degli Stati Uniti. Il livello di violenza nella regione non si vedeva da quasi un secolo.

Una donna mostra un cartello con la scritta “Respect”.
Un gruppo di volontari gira un video promozionale il 6 febbraio 2024 in piazza Santa Maria in Trastevere, nel centro di Roma, durante una settimana di formazione e sensibilizzazione sulla tratta di esseri umani coordinata da Talitha Kum. (Foto di CNS/Lola Gomez)

La guerra non è soltanto causa di emigrazione, ma alimenta anche la tratta di persone.

La Geneva Academy of International Law monitora i conflitti armati in tutto il mondo, distinguendo tra conflitti internazionali — tra Stati — e conflitti non internazionali, cioè all’interno di uno stesso Paese. Attualmente, l’Accademia registra 114 conflitti armati attivi: 45 in Medio Oriente e Nord Africa, oltre 35 in Africa, 21 in Asia, sette in Europa e sei in America Latina.

Questi dati mostrano chiaramente che i conflitti armati sono un potente fattore che alimenta la tratta di esseri umani. Non potrebbe essere altrimenti. Le guerre generano flussi massicci di rifugiati, in gran parte bambini, donne e persone vulnerabili. Distruggono famiglie, aumentano il reclutamento di bambini soldato e la domanda di donne e ragazze nel mercato del sesso. I conflitti armati significano orrore, miseria, abusi e sofferenze indicibili per centinaia di migliaia, se non milioni, di persone.

Se vogliamo davvero sradicare la tratta di esseri umani, non possiamo ignorare il fatto che i conflitti armati generano anche immense ricchezze e potere per chi traffica in armi — mercanti di morte che, di fatto, sono anche tra i principali responsabili della tratta.

Padre Elias D. Mallon, frate francescano dell’Atonement, è assistente speciale del presidente di CNEWA-Pontificia Missione

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